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sabato 18 settembre 2010

Scheda: il reattorino del CESNEF nella Milano nucleare




Il reattorino sperimentale del Politecnico - Centro Studi Nucleari Enrico Fermi CESNEF - a Milano è stato costuito nel 1959 e chiuso, ufficialmente nel 1979, di fatto nei primissimi anni '80. E' situato nei giardini del Dipartimento di Energia, tra via Ponzio e via Bassini.
La progettazione dell'edificio richiese ovviamente particolarissimi accorgimenti e fu affidata all'architetto Giovanni Bonicalzi, docente di Architettura tecnica.
Il reattorino L54M, della Atomic International, ha la forma di un piccolo cubo bianco, e a suo tempo sviluppava, in funzionamento ( il combustibile è una soluzione acquosa di UO2SO4), una potenza di 50 Kw. Il reattore avrebbe operato in maniera discontinua per una potenza integrale totale di 17 MWd. Il combustibile è stato consegnato all'impianto EUREX di Saluggia nel giugno 1994.
L'impianto, privo comunque di combustibile, è tenuto costantemente d'occhio dal personale con tutti gli oneri che ne seguono: sorveglianza, assicurazione, aggiornamento della strumentazione e obbligo che tutto sia sempre in regola. Tempo fa il rettore aveva avviato le pratiche per lo smantellamento, ancora non iniziato.
Il "decomissioning", così si chiama lo smantellamento di un impianto del genere, costerebbe tra i 4 e i 5 milioni. Al momento, non sarebbe chiaro chi, tra Politecnico e ministero dell'Istruzione, dovrebbe farsi carico della spesa.
Il link al sito del CESNEF è alla URL: http://www.radioprotezione.polimi.it/
Per adeguarsi alla tendenza al "rinascenza dell'atomo", il Politecnico di Milano sta investendo ben 12 milioni di euro nei nuovi laboratori nucleari in via di realizzazione alla Bovisa: un edificio di tre piani oltre a un bunker per gli esperimenti con la radioattività.
Al Politecnico di Milano, nel Dipartimento Energia, si porta avanti la ricerca per il reattore di Terza Generazione Avanzata IRIS e per una delle sei filiere (ELSI, raffreddamento a piombo liquido) su cui si sta sperimentando la Quarta Generazione.
Si collabora con l'Università di Padova per il progetto ITER sulla fusione nucleare.
Il prof. Marco Ricotti, del Politecnico, responsabile delle ricerche su ELSI, (ed anche candidato, insieme ad Umberto Veronesi, a presidente per l'Agenzia della Sicurezza Nucleare) lamentandosi su "L'ingegnere" (n° 180 del 10/09/2010) dei tagli finanziari all'istruzione, ci informa:
"Nelle sei università che hanno mantenuto un insegnamento in campo nucleare (Politecnico di Torino, Politecnico di Milano, Alma Mater di Bologna, Università di Pisa, La Sapienza di Roma e Università di Palermo) il numero di docenti è limitato complessivamente a 70 unità stabili".
In relazione ai piani annunciati, bisognerebbe arrivare a sfornare 300 ingegneri nucleari l'anno (come negli "anni d'oro" dell'atomo italiano), rispetto al centinaio scarso attuale. Il Politecnico contribuisce con 20-25-30 laureati, ma le matricole stanno aumentando significativamente. L'ultimo anno accademico vedeva 50 iscritti italiani e comunitari, 5 stranieri, 2 per il "progetto Marco Polo".
Il business nucleare solo a Milano, se il governo fa partire i progetti auspicati dalla lobby atomica, stando ai nostri calcoli, dovrebbe valere, grosso modo, 15 miliardi di euro sino al 2025-2030, quindi in media quasi un miliardo di euro l'anno nei prossimi anni.
Passata la festa (per loro) dell'Expo 2015, si tratterà della più ghiotta occasione per gli affaristi all'ombra della Madonnina.
Esiste una pratica per la "certificazione nucleare", aperta dal governo con la collaborazione di ENEL (ci si registra su www.acquisti.enel.it) , e finora sulle quasi 600 imprese che a livello nazionale si sono prenotate, oltre 1/3 sono lombarde, e di queste la metà sono "milanesi".
Facendo una suddivisione quantitativa per numero di imprese, alla Lombardia toccherebbero 16 miliardi e a Milano 8. Calcolando però un coefficiente di "grandezza" e di "qualità" industriale, possiamo arrivare, a naso, stando molto bassi, a 30 miliardi per la Lombardia e 15 miliardi, appunto, per Milano.
La Lombardia, per l'Italia, è, infatti, il cuore elettromeccanico, con un know-how nel campo della costruzione di impianti riconosciuto a livello mondiale. Queste le cifre del 2008: 500 imprese, 9 miliardi di fatturato annuo, 23.000 addetti. La Confindustria stima che il 70% della torta nucleare italiana andrà a questa regione.

Un punto cruciale del piano è quanta parte dell'"isola nucleare" dei reattori sarà di competenza italiana. E l'isola nucleare significa il 20% dei costi. Dopodiche, dell'80% restante, il 30% è costituito dalla parte convenzionale (turbine, sistemi elettrici); il 20 % dalle opere civili. In quantità peseranno le forniture meccaniche (30 per cento), seguite dalle opere civili, dal montaggio e, per il 20 per cento, dall'area tecnologica.

Occupazione da nucleare
"Nelle centrali una dote di 20.000 posti" - (Luca Davi – Sole 24 Ore del 14 luglio 2010)

"Sono almeno 20mila i posti di lavoro che il nucleare potrebbe generare in Italia nei prossimi anni… Nel dettaglio, la realizzazione di una unità EPR… richiede fino a 600 addetti altamente qualificati per la gestione dell'ingegneria, degli approvvigionamenti e della costruzione. A questi vanno aggiunte le 2.500 presenze giornaliere in cantiere e circa 300 persone per l'esercizio di una unità. Quasi 3.400 persone che, moltiplicate, per le quattro unità previste, portano a oltre 12mila il numero dei posti potenzialmente creabili… "
(Va inoltre calcolato il contributo della costituenda seconda cordata Eon – Gas de France Suez con i reattori AP1000)
"Agli occupati diretti bisogna poi aggiungere, secondo le stime di Confindustria Anie, almeno altri 10mila posti (il 16% rispetto agli attuali livelli occupazionali) nei comparti dell'elettromeccanica, i più direttamente collegati allo sviluppo delle centrali, visto il forte fabbisogno di tecnologie destinate alle infrastrutture di rete elettrica"…
Costruzione: tempo medio 8 anni
Esercizio: si passa a 50 anni ed oltre; per gli EPR se ne prevedono 60: la tendenza è ad allungare la vita delle centrali
Per riassumere, avremmo quindi circa 20.000 posti di lavoro (a stare larghi) che per le rinnovabili invece, con lo stesso investimento, andrebbero moltiplicati per 15: 300.000 posti di lavoro, di cui a Milano almeno 1/6= 50.000 nuovi posti di lavoro, "puliti" e di effettiva utilità sociale. (Ma questa seconda cifra andrà abbastanza ridotta perchè la produzione da rinnovabili è distribuita e diffusa più omogeneamente tra i territori).

Le aziende nucleari

La "signora atomo", Anne Lauvergeon, ricorda (Sole 24 ore del 5-9-10) che Areva, da lei presieduta, già lavora  per costruire centrali in Francia e in tutto il mondo con gruppi come Finmeccanica, Techint, Mangiarotti Nuclear, Camozzi (ex INNSE).

Il coinvolgimento del sistema bancario milanese nel nucleare

Non è economicamente conveniente, il nucleare - almeno dal punto di vista dell'economia che viaggia raso terra, quella fondata sul lavoro, e non sulla finanza speculativa- ed è proprio per questo che le banche lo finanziano. Le prime due banche nucleari in Italia secondo una ricerca (http://www.nuclearbanks.org/) commissionata dalla coalizione Banktrack (http://www.banktrack.org/) all'Istituto indipendente Profundo, sono UniCredit e Intesa San Paolo.
Milano è la capitale della finanza e delle banche,vi è installata la Borsa (in Piazza Affari), ed è la sede delle principali banche (Intesa, BPM, BCC...) che saranno citate nei rapporti che prenderemo in esame.
Unicredit ha sede legale a Roma ma amministrativa ed operativa a Milano.
Le prime 10 banche finanziatrici nel mondo sono comunque straniere. Nell'ordine: BNP Paribas (Francia) (che partecipa l'italiana BNL), Barclays (UK), Citi (US), Société Générale (Francia), Crédit Agricole/Calyon (Francia), Royal Bank of Scotland (UK), Deutsche Bank (Germania), HSBC (UK / Hong Kong), JP Morgan (Stati Uniti) e Bank of China. Tre banche francesi nei primi cinque posti.
Dal sito in lingua inglese, collegato alla ricerca: "Banche nucleari? No grazie" troviamo un elenco delle compagnie nucleari (http://www.nuclearbanks.org/#/nuclear%20companies). L'Ansaldo Energia, ad esempio, vi figura come "radioattiva per il 12%". Troviamo anche una mappa dei progetti nucleari (http://www.nuclearbanks.org/#/nuclear%20projects), che è evidentemente incompleta (si consideri solo l'area mediorientale, totalmente scoperta).

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