 La natura "bipartisan" del programma JSF (Joint Strike Fighter  F/35  Lightning II), sostenuto da tutti i governi italiani , da Massimo  D’Alema in  avanti, ha determinato un iter parlamentare complessivamente  "tranquillo" per  l’iter del progetto. Lo Stato italiano spenderà 15 miliardi di euro  per finanziare le  industrie belliche e per infilarsi in un affare nella massima parte  "americano".
La natura "bipartisan" del programma JSF (Joint Strike Fighter  F/35  Lightning II), sostenuto da tutti i governi italiani , da Massimo  D’Alema in  avanti, ha determinato un iter parlamentare complessivamente  "tranquillo" per  l’iter del progetto. Lo Stato italiano spenderà 15 miliardi di euro  per finanziare le  industrie belliche e per infilarsi in un affare nella massima parte  "americano".Il progetto Jsf (Joint Strike Fighter) ha preso il volo  nel 1996. Il costo iniziale previsto solo per sviluppare il programma  era di 25  miliardi di dollari. In 12 anni la cifra è raddoppiata. Si tratta della  realizzazione di circa 6000 caccia bombardieri F-35 Lightning II,  velivoli  supersonici, in grado di eludere l'intercettazione radar, in grado di  levarsi in  volo da portaerei e concepiti per bombardamenti terra-aria. Insomma  perfetti per  andare a bombardare paesi lontani. Gli Usa ne acquisteranno circa 2.500  entro il  2034. Gli altri saranno venduti all'estero. Solo nell'ultimo anno la  spesa per i  nuovi caccia è aumentata di 23 miliardi, troppi in tempo di crisi  globale, tanto  che la corte dei conti americana ha avanzato riserve sul progetto. Tutti  questi  soldi vanno dalle casse dello Stato alla Lockheed Martin di Fort Woth in  Texas.  Il primo F-35 è uscito dalla fabbrica nel 2006. I partner stranieri del  progetto  contribuiscono per 4,8 miliardi di dollari. Con percentuali diverse.  L'unico  partner di primo livello è la Gran Bretagna che finanzia  l'operazione per il 10%. Italia e Olanda con il 5% sono partner di  secondo  livello. Seguono con l'1% Canada, Turchia, Australia, Norvegia e  Danimarca, per  pochi milioni partecipano anche Israele e Singapore che saranno  acquirenti  privilegiati dei nuovi caccia.
La scelta italiana è stata ratificata dal  parlamento nel 1998 sotto il governo D'Alema e nel 2002 con  Berlusconi,  si è conclusa con la firma a Washington del sottosegretario alla difesa  Forcieri  (Ds). Dopo il parere favorevole, praticamente all'unanimità, delle  commissioni  difesa parlamentari (aprile 2010) non ci sono più ostacoli.
Aeronautica Militare e Marina hanno previsto di dotare le proprie linee tattiche di 131 Joint Strike Fighter per due terzi nella versione convenzionale e per il resto a decollo verticale. Per l’Aeronautica gli F-35 sostituiranno prima gli AMX e poi i Tornado, consentendo una linea da combattimento su due soli tipi (Eurofighter da difesa aerea e JSF da attacco). Per la Marina rimpiazzeranno gli attuali Harrier ed opereranno sulla nuova portaerei Cavour. Grazie alla maggiore efficienza ed efficacia, l’entrata in linea dei JSF permetterà una riduzione di circa la metà del numero degli aerei da attacco rispetto a oggi.
Aeronautica Militare e Marina hanno previsto di dotare le proprie linee tattiche di 131 Joint Strike Fighter per due terzi nella versione convenzionale e per il resto a decollo verticale. Per l’Aeronautica gli F-35 sostituiranno prima gli AMX e poi i Tornado, consentendo una linea da combattimento su due soli tipi (Eurofighter da difesa aerea e JSF da attacco). Per la Marina rimpiazzeranno gli attuali Harrier ed opereranno sulla nuova portaerei Cavour. Grazie alla maggiore efficienza ed efficacia, l’entrata in linea dei JSF permetterà una riduzione di circa la metà del numero degli aerei da attacco rispetto a oggi.
A  Cameri è prevista la costruzione delle parti del  cacciabombardiere  - Lockheed Martin -  F35, e  l'assemblaggio del velivolo (stabilimento FACO). Lo  stabilimento entrerà in funzione nel 2012, e i primi aerei dovrebbero  essere  pronti a decollare nel 2013. All'inizio un singolo F-35 costava 45  milioni di  euro, già oggi il costo è di 91 milioni (+45%) e nei prossimi anni è  destinato a  decollare. 
Il mezzo da combattimento, di natura offensiva, viene  definito "di quinta generazione", per le elevate prestazioni, i sensori  avanzatissimi e le capacità di operare in modo "network-centrico". Tra  le  missioni anche la possibilità di compiere azioni di aggressione - anche  con armi  nucleari, tipiche degli attuali scenari strategici. 
La vita operativa è prevista sino al 2045 circa. Oltre a  partecipare alla produzione, l’industria italiana disporrà dell’unica  linea di  montaggio finale e di accettazione (FACO) fuori dagli Stati Uniti.  Produrrà  aerei quindi anche per altri Paesi, a cominciare dall'Olanda. Ma Cameri  non è  l'unico centro coinvolto in Italia. L'indotto coinvolgerebbe altri 40  siti  industriali.
Alenia Aeronautica (Finmeccanica) incasserà dallo Stato  per gli F-35 722 milioni di euro, Piaggio 88 milioni, l'Oto Melara 141  milioni,  la Aermacchi  11 milioni e mezzo. In tutto le ditte italiane che parteciperanno al  banchetto  sono 29. Un settore, quello bellico, non certo in crisi che non richiede  di  ulteriori aiutini miliardari dello Stato. Se nel 1995 le armi non  tiravano, ora  è un vero boom, la riconversione è al contrario. Le industrie belliche  italiane  nel 2008 hanno guadagnano 4,3 miliardi di euro (+222%) e lo stato  italiano è  l'ottavo al mondo per spesa in armamenti. Dunque, scarsa ricaduta  occupazionale,  altissime spese pubbliche e enormi incassi per i privati, per dotarsi di  caccia  d'attacco americani. L'Italia, in quanto partner di secondo livello, non  avrà  neppure accesso ai segreti tecnologici delle armi che assembla. Sarà  subalterna  una volta di più agli Stati Uniti, tanto che francesi e tedeschi non  hanno  nessuna intenzione di far parte dell'operazione che scontenta anche la  lobby  degli intercettori Eurofigthers di  costruzione europea. L'Italia ha già speso 7 miliardi di euro per  questi  caccia e ora già vuole gli F-35 americani. Un'operazione che lascia  molti dubbi  anche a militaristi nazionalisti e europei.
E', in conclusione, importante sottolineare il concetto portato avanti dagli attivisti di base che si oppongono: la battaglia per "fermare le fabbriche della morte", dato che anche la sinistra ufficiale a Novara, esagerando le potenzialità occupazionali del progetto, è per "il lavoro prima di tutto"...
E', in conclusione, importante sottolineare il concetto portato avanti dagli attivisti di base che si oppongono: la battaglia per "fermare le fabbriche della morte", dato che anche la sinistra ufficiale a Novara, esagerando le potenzialità occupazionali del progetto, è per "il lavoro prima di tutto"...

 
 
 
 
 
Ciao,
RispondiEliminami permetto di segnalarvi un post simile che ho pubblicato sul mio blog. Inclusi, i miei tentativi per avere qualche informazione in più dalle autorità locali e dalle ditte coinvolte
http://pugni-chiusi.blogspot.com/2010/10/anticipando-la-manifestazione-in.html