Sito denuclearizzato

giovedì 23 settembre 2010

Scheda: La centrale nucleare in fase di smantellamento ex-ENEL di Trino Vercellese + I rifiuti di Trino a Saluggia

ATTENZIONE: La centrale nucleare di Trino "Enrico Fermi", non va confusa con la centrale a gas "Galileo Ferraris" di Livorno - struttura spazialmente molto vicina (l confine tra i due comuni è piùttosto arzigogolato in questa zona, così la centrale di Trino si trova più vicina a Livorno Ferraris, e quella di Livorno è più vicina a Trino)...

La centrale nucleare, non è abbandonata, ma presidiata da decine di tecnici che stanno lì a far niente. Il grosso delle strutture è stato abbattuto, non ci sono più le torri di raffreddamento, permane solo fermo il nocciolo (senza combustibile) in attesa che decidano che farne.
Rimane tutt'ora sorvegliata quindi non conviene avvicinarsi troppo...





La centrale elettronucleare Enrico Fermi è una centrale elettronucleare situata nel comune di Trino (VC) e avente un unico reattore da 260 MW di potenza elettrica netta, a uranio a medio arricchimento (circa 4,5%), moderato ad acqua leggera e raffreddato secondo lo schema ad acqua pressurizzata (PWR).
È rimasta in funzione dal 1964 al 1987.
La centrale ha una gemella in Francia, presso il sito di Chooz A: tale impianto da 300 MW di potenza elettrica è entrato in funzione nel 1970 e ha smesso la produzione commerciale nel 1990.
La centrale nucleare di Trino è il frutto della prima iniziativa industriale avviata in Italia in campo nucleare.
Il 14 ottobre del 1955, all'indomani della Conferenza di Ginevra "Atoms for Peace", la Edison chiese a tutti i principali costruttori di reattori un'offerta per la realizzazione della prima centrale nucleare italiana.

Nel dicembre 1955 fu costituita la società SELNI con sottoscrizione paritetica del capitale da parte di elettroproduttori privati (Edison, SADE, Romana, SELT-Valdarno e SGES) e pubblici (IRI-Finelettrica con SME, SIP, Terni e Trentina).
Nel dicembre '56 la Edison sottoscriveva con la Westinghouse una lettera d'intenti per la fornitura di un reattore PWR da 134 Mw subordinata alla conclusione di un accordo Italia-USA per la fornitura di combustibile nucleare e la concessione di un finanziamento Eximbank.
Nell'aprile '57 l'iniziativa della Edison era trasferita alla SELNI, il cui controllo era assunto dalla Edison. Alla fine del '57 un pool formato da IMI ed Eximbank sottoscrisse il finanziamento dell'impresa per 34 milioni di dollari. Per la localizzazione dell'impianto fu accettato un terreno offerto dal comune di Trino
I lavori per la costruzione della centrale iniziarono nel '61 e si conclusero in meno di tre anni. Il 21 giugno 1964 il reattore raggiunse la prima criticità e a partire dal 22 ottobre 1964 iniziò a immettere elettricità in rete, operando - per effetto delle trasformazioni apportate al primo progetto - con una potenza elettrica di targa di 270 Mw.
Nel 1966, per effetto della legge sulla nazionalizzazione elettrica, la proprietà della centrale passò all'ENEL.
Il reattore fu fermato nel '67 a causa di problemi tecnici allo schermo radiale del nocciolo e fu riavviato nel 1970 dopo gli interventi di riparazione. Una seconda fermata fu imposta nel 1979 per gli adeguamenti decisi in seguito all'incidente di Three Mile Island (USA). I lavori tennero fermo il reattore fino a tutto il 1982. Dopo il riavvio il reattore di Trino continuò ad operare fino al 1987.

Nel 1987, dopo l'ultima fermata per la ricarica del combustibile, la centrale di Trino non fu riavviata, in attesa delle decisioni del Governo conseguenti al mutamento degli indirizzi di politica energetica seguiti al referendum dell'87. Nel luglio 1990 il CIPE dispose la sua chiusura definitiva, dando mandato all'ENEL di predisporre il piano di decommissioning.
Fino al momento della sua fermata definitiva la centrale ha operato con il migliore standard di rendimento fra le centrali nucleari italiane, producendo complessivamente 26 miliardi di kWh di elettricità, equivalente a tredici volte il fabbisogno annuo dell'87 della provincia di Vercelli (2 miliardi di kWh).

Nel novembre 1999 la proprietà della centrale – così come per le altre tre centrali nucleari italiane – è stata trasferita a SOGIN, che ha il mandato di procedere alla sistemazione dei materiali radioattivi presenti nel sito, allo smantellamento della centrale e al recupero e alla valorizzazione dell'area.

  
I rifiuti di trino a Saluggia


Il Deposito Avogadro del complesso di Saluggia contiene in una piscina 164 elementi di combustibile nucleare irraggiato, cioè quello scaricato dalle centrali nucleari. Di essi, 101 provengono dalla centrale nucleare di Trino Vercellese e 63 dalla centrale nucleare del Garigliano, situata a Sessa Aurunca (Caserta).
Il Deposito Avogadro contiene in una piscina 164 elementi di combustibile nucleare irraggiato, cioè quello scaricato dalle centrali nucleari. Di essi, 101 provengono dalla centrale nucleare di Trino Vercellese e 63 dalla centrale nucleare del Garigliano, situata a Sessa Aurunca (Caserta).
Del citato complesso di Saluggia fanno anche parte l’impianto Eurex-SO.G.I.N. all’interno del Centro ricerche dell’ENEA (ora è chiuso; effettuava il ritrattamento di elementi di combustibile irraggiato); ed il Complesso Sorin (produzione di preparati farmaceutici che contengono radioisotopi a breve tempo di dimezzamento e deposito temporaneo di rifiuti radioattivi solidi di II categoria).
A Saluggia si sono registrati diversi incidenti, anche gravi, da infiltrazione d'acqua che avrebbero contaminato la falda e la vicina Dora Baltea. L'ARPA Piemonte stende comunque rapporti tranquillizzanti: le contaminazioni avverrebero sempre secondo i limiti di legge e non rappresenterebbero alcun pericolo per la popolazione e per l'ambiente...

mercoledì 22 settembre 2010

SCHEDA: GLI F-35 DI CAMERI PREDISPOSTI ANCHE PER LE MISSIONI NUCLEARI


La natura "bipartisan" del programma JSF (Joint Strike Fighter F/35 Lightning II), sostenuto da tutti i governi italiani , da Massimo D’Alema in avanti, ha determinato un iter parlamentare complessivamente "tranquillo" per l’iter del progetto. Lo Stato italiano spenderà 15 miliardi di euro per finanziare le industrie belliche e per infilarsi in un affare nella massima parte "americano".
Il progetto Jsf (Joint Strike Fighter) ha preso il volo nel 1996. Il costo iniziale previsto solo per sviluppare il programma era di 25 miliardi di dollari. In 12 anni la cifra è raddoppiata. Si tratta della realizzazione di circa 6000 caccia bombardieri F-35 Lightning II, velivoli supersonici, in grado di eludere l'intercettazione radar, in grado di levarsi in volo da portaerei e concepiti per bombardamenti terra-aria. Insomma perfetti per andare a bombardare paesi lontani. Gli Usa ne acquisteranno circa 2.500 entro il 2034. Gli altri saranno venduti all'estero. Solo nell'ultimo anno la spesa per i nuovi caccia è aumentata di 23 miliardi, troppi in tempo di crisi globale, tanto che la corte dei conti americana ha avanzato riserve sul progetto. Tutti questi soldi vanno dalle casse dello Stato alla Lockheed Martin di Fort Woth in Texas. Il primo F-35 è uscito dalla fabbrica nel 2006. I partner stranieri del progetto contribuiscono per 4,8 miliardi di dollari. Con percentuali diverse. L'unico partner di primo livello è la Gran Bretagna che finanzia l'operazione per il 10%. Italia e Olanda con il 5% sono partner di secondo livello. Seguono con l'1% Canada, Turchia, Australia, Norvegia e Danimarca, per pochi milioni partecipano anche Israele e Singapore che saranno acquirenti privilegiati dei nuovi caccia.
La scelta italiana è stata ratificata dal parlamento nel 1998 sotto il governo D'Alema e nel 2002 con Berlusconi, si è conclusa con la firma a Washington del sottosegretario alla difesa Forcieri (Ds). Dopo il parere favorevole, praticamente all'unanimità, delle commissioni difesa parlamentari (aprile 2010) non ci sono più ostacoli.
Aeronautica Militare e Marina hanno previsto di dotare le proprie linee tattiche di 131 Joint Strike Fighter per due terzi nella versione convenzionale e per il resto a decollo verticale. Per l’Aeronautica gli F-35 sostituiranno prima gli AMX e poi i Tornado, consentendo una linea da combattimento su due soli tipi (Eurofighter da difesa aerea e JSF da attacco). Per la Marina rimpiazzeranno gli attuali Harrier ed opereranno sulla nuova portaerei Cavour. Grazie alla maggiore efficienza ed efficacia, l’entrata in linea dei JSF permetterà una riduzione di circa la metà del numero degli aerei da attacco rispetto a oggi.
A Cameri è prevista la costruzione delle parti del cacciabombardiere - Lockheed Martin -  F35, e l'assemblaggio del velivolo (stabilimento FACO). Lo stabilimento entrerà in funzione nel 2012, e i primi aerei dovrebbero essere pronti a decollare nel 2013. All'inizio un singolo F-35 costava 45 milioni di euro, già oggi il costo è di 91 milioni (+45%) e nei prossimi anni è destinato a decollare.
Il mezzo da combattimento, di natura offensiva, viene definito "di quinta generazione", per le elevate prestazioni, i sensori avanzatissimi e le capacità di operare in modo "network-centrico". Tra le missioni anche la possibilità di compiere azioni di aggressione - anche con armi nucleari, tipiche degli attuali scenari strategici.
La vita operativa è prevista sino al 2045 circa. Oltre a partecipare alla produzione, l’industria italiana disporrà dell’unica linea di montaggio finale e di accettazione (FACO) fuori dagli Stati Uniti. Produrrà aerei quindi anche per altri Paesi, a cominciare dall'Olanda. Ma Cameri non è l'unico centro coinvolto in Italia. L'indotto coinvolgerebbe altri 40 siti industriali.
Alenia Aeronautica (Finmeccanica) incasserà dallo Stato per gli F-35 722 milioni di euro, Piaggio 88 milioni, l'Oto Melara 141 milioni, la Aermacchi 11 milioni e mezzo. In tutto le ditte italiane che parteciperanno al banchetto sono 29. Un settore, quello bellico, non certo in crisi che non richiede di ulteriori aiutini miliardari dello Stato. Se nel 1995 le armi non tiravano, ora è un vero boom, la riconversione è al contrario. Le industrie belliche italiane nel 2008 hanno guadagnano 4,3 miliardi di euro (+222%) e lo stato italiano è l'ottavo al mondo per spesa in armamenti. Dunque, scarsa ricaduta occupazionale, altissime spese pubbliche e enormi incassi per i privati, per dotarsi di caccia d'attacco americani. L'Italia, in quanto partner di secondo livello, non avrà neppure accesso ai segreti tecnologici delle armi che assembla. Sarà subalterna una volta di più agli Stati Uniti, tanto che francesi e tedeschi non hanno nessuna intenzione di far parte dell'operazione che scontenta anche la lobby degli intercettori Eurofigthers di costruzione europea. L'Italia ha già speso 7 miliardi di euro per questi caccia e ora già vuole gli F-35 americani. Un'operazione che lascia molti dubbi anche a militaristi nazionalisti e europei.
E', in conclusione, importante sottolineare il concetto portato avanti dagli attivisti di base che si oppongono: la battaglia per "fermare le fabbriche della morte", dato che anche la sinistra ufficiale a Novara, esagerando le potenzialità occupazionali del progetto, è per "il lavoro prima di tutto"...

REPORT 1° GIORNO DI CAROVANA + SCHEDA NUCLEARE LOMBARDIA

Scheda : Mappa Nucleare della Lombardia
Base atomica di Ghedi - 40 B61 americane
Miniere di uranio in Val Brembana, Val Seriana (Alpi Orobie, Bergamo)
L'uranio sotto Novazza è stimato in 130.000 mila tonnellate sotto un milione e mezzo di tonnellate di roccia
Possibili siti nuove centrali: Tavazzano (MI) e Viadana, S. Benedetto, Ostiglia e Sermide (Mantova)
Politecnico di Milano: ricerca ISIS - ELSI ed ITER (fusione) - DIP ENERGIA - obiettivo 100 ingegneri nucleari l'anno (sui 300 occorrenti)
Aziende: Ansaldo, Mangiarotti, INNSE (200 su 600 iscritte al sito ENEL per la certificazione) ....................
Università di Pavia: reattore sperimentale LENA
CCR ISPRA a Varese (competenza COMMISSIONE EUROPEA) - ha reattori di ricerca, depositi di materiale radiattivo per 3.000 mc, laboratori per misure di U-Pu
la radioattività è stata scaricata nel Lago Maggiore
Depositi bassa raioattività - Compoverde a Milano e Gommatom a Como
Aeroporto Orio al Serio (BG) - trasporto aereo di scorie radioattive
vie ferroviarie di trasporto scorie da Caorso (appena completati i carichi di cask verso Les Hague in Francia)

MERCOLEDì 22 SETTEMBRE: ASSEMBLEA PUBBLICA SERALE A BRESCIA


Appuntamento alle 20:30 in via Sardegna 34 alla casa delle associazioni presso l'oratorio S.Maria in Silva
Info ulteriori su: http://www.meetup.com/5stellelombardiacoordinamento/calendar/14834853/

martedì 21 settembre 2010

COMUNICAZIONE IMPORTANTE


HANNO DISATTIVATO IL MIO ACCOUNT SU FACEBOOK PER CUI TUTTA LA RETE DI CONTATTI CHE SI STAVA CREANDO PER LA RIUSCITA DELL'INIZIATIVA DELLA CAROVANA ANTINUCLEARE è DURAMENTE COMPROMESSA. DATO CHE ERO L'UNICO AMMINISTRATORE DEL GRUPPO SARA' IMPOSSIBILE, ANCHE DA PARTE DI QUALSIASI ALTRO UTENTE E PER UN TEMPO INDETERMINATO, AGGIORNARE QUESTO GRUPPO: http://www.facebook.com/group.php?gid=109409209119987

NON CI FACCIAMO INTIMORIRE DA FACCIALIBRO ED ANDIAMO AVANTI CON MAIL E CELLULARI. GIACOMO SICURELLO pace@zerogas.it - 329.20.35.418

HO CREATO UN NUOVO ACCOUNT SU FACEBOOK SI CHIAMA: "Vaffa Siempre"
oppure CONTATTANDO ALFONSO NAVARRA locosm@tim.it - 340.08.78.893

SCHEDA 1a TAPPA: GARDALAND e GHEDI

GARDALAND
ARRIVO PREVISTO ORE 13
Documenteremo la cantierizzazione in atto per la realizzazione del reattore montagna russa che sarà attivato nel 2011 come spot per il rilancio dell'atomo.
Dal sito di Gardaland "STA SUCCEDENDO QUALCOSA DI ANOMALO":
http://www.gardaland.it/index_genetix.php

More info su questo gruppo di denuncia http://www.facebook.com/search/?q=gardaland%20nucleare&init=quick&sid=0.41862283993671434#!/group.php?gid=150902828261964 (ORA BLOCCATO DA FACEBOOK)


GHEDI
ARRIVO PREVISTO ORE 16:30

BASE ATOMICA IL NUCLEAR SHARING ITALIANO IN AMBITO NATO, E LE VIE PER AGGIRARE IL TNP


Cominciamo, per fornire informazioni sulla base atomica di Ghedi, con una breve citazione da Wikipedia per una sintesi storica:
"Alla fine della seconda guerra mondiale l'aeroporto di Ghedi era in pessime condizioni, a causa degli attacchi alleati e delle mine fatte brillare dai tedeschi: vi erano dieci crateri di otto metri di diametro. Il 29 aprile 1945 la V armata americana occupò il campo che lo trasformò in parte in campo di concentramento per POW tedeschi, e fu riattivato nel 1951 come sede del 6º Stormo dell’Aeronautica Militare, prima dotato di P-51 Mustang, poi dei jet britannici Vampire, utilizzati fino al 1952.
All'inizio degli anni cinquanta la base venne intitolata alla Medaglia d'Oro al Valor Militare tenente Alfredo Fusco; la pista di volo venne ristrutturata per poter essere utilizzata dai moderni jet.
Ghedi ospitò gli F-84 fino al 1962 che furono poi sostituiti dagli F-104 Starfighter e, infine, dai Tornado IDS
".
L'aeroporto Alfredo Fusco di Brescia-Ghedi è un aeroporto militare utilizzato dal 6º Stormo dell'Aeronautica Militare con il 102º Gruppo (Papero incazzato), il 154º Gruppo (Diavoli Rossi) e il 156º Gruppo (Le linci) equipaggiati con Tornado IDS.
A Ghedi sono conservate 40 bombe atomiche americane modello B-61-4 (altre 50 B-61 sono stipate ad Aviano).
La potenza di queste bombe varia tra i 45 e 107 chilotoni (Hiroshima era 16 chilotoni).
La notizia è ricavata da un rapporto statunitense del Natural Resources Defence Council, curato dal direttore della FAS Hans Kristensen (vai alla URL: http://www.nrdc.org/nuclear/euro/euro_pt1.pdf).
L'armamento rispetterebbe il concetto NATO di "Nuclear sharing", vale a dire che nell'ambito dell'Alleanza, in teoria, viene pianificato insieme l'uso delle armi nucleari che rappresentano ufficialmente "la suprema forma di deterrenza" (Concetto Strategico del 1999).
Le forze armate degli Stati non atomici possono essere coinvolte nella fornitura di queste armi, da parte degli Stati atomici, in caso di necessità del loro utilizzo.
Per i paesi partecipanti, la condivisione nucleare consiste nel prendere decisioni comuni in materia di politica sulle armi nucleari, nel mantenere le attrezzature tecniche necessarie per l'uso delle armi nucleari (tra cui aerei da guerra, sottomarini e così via) e conservare le armi nucleari sul loro territorio.
I piloti italiani dell'Aeronautica addetti agli F-16 ed ai Tornado vengono addestrati anche per le missioni "nucleari" (così come, per esempio, avvenne in Olanda  per l'avvocato Meindert-Sterling, difensore di Turi Vaccaro: era un ex pilota "nucleare" di F-16 poi diventato obiettore e quindi presidente della IALANA, l'organizzazione internazionale dei giuristi contro le armi atomiche).
Delle tre potenze nucleari della NATO (Francia, Regno Unito e Stati Uniti), solo gli Stati Uniti hanno fornito armi nucleari per la condivisione.
In tempo di pace, le armi nucleari immagazzinate nel paesi non-nucleari sono sorvegliate da soldati statunitensi; i codici necessari per farle esplodere sono sotto il controllo degli Stati Uniti. In caso di guerra, le armi devono essere montate su aerei militari dei paesi partecipanti. Le armi sono sotto la custodia e il controllo della USAF Munitions Support Squadrons collocata sulle principali basi operative della NATO che lavorano insieme con le forze della nazione ospitante.


Alfonso Navarra, nel giugno 1987, insieme ad altri sette pacifisti, penetrò nella base per denunciare l'incostituzionalità della "condivisione nucleare" e l'incompatibilità di queste armi atomiche - come si è visto parzialmente in franchising - rispetto alla stessa firma italiana del TNP (Trattato di Non Proliferazione, firma di cui va ricordata, citando l'ex ambasciatore Sergio Romano, la cosiddetta "clausola europea": l'Italia si riserva comunque la partecipazione a progetti di "bomba atomica europea").
La condivisione nucleare della NATO violerebbe gli articoli I e II del Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), che vietano il trasferimento e l'accettazione, rispettivamente, del controllo diretto o indiretto sulle armi nucleari.
Gli Stati Uniti insistono che le loro forze hanno controllo delle armi e che nessun trasferimento delle bombe nucleari o controllo su di esse è destinato ad esserci "a meno che e fino a quando una decisione di andare in guerra viene presa, nel cui caso il TNP non sarebbe più il controllo", quindi non c'è violazione del TNP.
Tuttavia i piloti e altro personale dei paesi "non-nucleari" della NATO svolgono, come si è detto, esercitazioni sulla gestione e l'uso delle bombe nucleari statunitensi; e aerei da guerra non-statunitensi sono stati adattati per portare le bombe nucleari degli Stati Uniti, ciò ha comportato il trasferimento di alcune informazioni tecniche sulle armi nucleari. In sostanza, tutti i preparativi per fare una guerra nucleare sono già stati fatti dai paesi apparentemente non in possesso di armi nucleari - Italia in primis - e queste operazioni in tempo di pace dovrebbero essere considerate come del tutto in contrasto con l'obiettivo e lo spirito del TNP.
L'8^ Conferenza per il riesame del TNP si è tenuta ad Ottawa il maggio di quest'anno. Nonostante l’ambiziosa “opzione zero” rilanciata retoricamente dal presidente Obama e qualche parziale progresso del Trattato Start 3 con la Russia, gli obiettivi del Trattato, dopo quarant’anni dall’entrata in vigore, continuano ad essere largamente inevasi.
Il motivo principale si deve  alla disparità di status – mai messa in discussione dal Trattato –  tra gli Stati possessori  di armi nucleari (Usa, Russia, Cina, Regno Unito e Francia) e tutti gli altri. Una conseguenza questa di un complesso quadro geopolitico, dominato allora da chi era uscito vincitore nella seconda guerra mondiale, e dall’effettività di avere già sperimentato l’arma nucleare.
Tra gli Stati firmatari del TNP solo i 5 citati hanno “il diritto” alle armi nucleari, anche se il Trattato ne imporrebbe il graduale disarmo con "trattative da condurre in buona fede". Questi stessi Stati sono impegnati a non trasferire armi atomiche ai paesi che non le possiedono e questi, a loro volta, si impegnano a rinunciare all’opzione nucleare militare ( articoli 1 e 2 del TNP). Ma abbiamo già documentato come la NATO abbia di fatto "aggirato" il Trattato.
Per l’energia nucleare civile invece l’art.4  ne riconosce il diritto per tutti i paesi aderenti al  Trattato, sotto il controllo dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica (AIEA).
Questo tema è diventato oggi più che mai d’attualità per la vicenda dell’arricchimento dell’uranio iraniano ( anche se Tehran, altalenante nei confronti delle ispezioni dell’Aiea,  continua a sostenere di volere produrre solo il nucleare civile che considera indispensabile per la sua autosufficienza energetica), ma è per sua natura  un tema colmo di ambiguità e trabochetti.
E' probabile che dalle sanzioni (siamo al quarto round) si passi ad un blitz israeliano contro gli impianti atomici iraniani dagli esiti imprevedibili, per il Medio Oriente e per il mondo.
Il passaggio dal nucleare civile a quello militare è  – grazie alle tecnologie dual use – costoso ma relativamente semplice (facilitato anche dalla reperibilità dei materiali fissili degli arsenali dismessi delle ex repubbliche sovietiche). Si ottiene anche attraverso il “ritrattamento” chimico di combustibile esaurito (plutonio o uranio 235) estratto dai reattori. Il punto è che non tutti gli impianti di ritrattamento sono sottoposti al controllo dell’Aiea. Non lo sono certamente quelli dei paesi non firmatari del TNP. E’ il caso dell’India – non firmataria, come Pakistan e Israele, di questo trattato – che si è procurata la sua arma atomica nel 1974 , grazie al materiale fissile di un reattore Candu  fornito dal Canada  per un accordo  di cooperazione nucleare civile. Anche Israele possiede da quasi 30 anni armi nucleari – 300 o 400 – grazie al plutonio fornito dalla Francia. Il fenomeno continua anche in tempi recenti: gli Usa nel 2005 hanno firmato  con l’India  un trattato per l’esportazione di tecnologia e combustibile nucleare, la Cina si è impegnata col Pakistan per la costruzione, nel tormentato Punjab, di due reattori nucleari.
L’incontrollabilità del dual use, la facilità del passaggio dall’ uso civile a quello militare, è il modo più efficace per aggirare il TNP e conferma la strettissima parentela tra atomo cosiddetto "di guerra" ed atomo cosiddetto "di pace".

CAROVANA ANTINUCLEARE: VIDEOMESSAGGIO + TAPPA n°0 CONFERENZA STAMPA a MILANO



Davanti al piccolo reattore del Politecnico, parte la carovana anti-nucleare
www.c6.tv



Milano. E' stata presentata in piazza Leonardo da Vinci la carovana anti-nucleare che da oggi fino al 2 ottobre toccherà i luoghi più significativi nella storia del nucleare italiano per dire no al ritorno dell'atomo. Anche la sede della presentazione non è stata scelta a caso: nei cortili del Centro studi nucleari del Politecnico, infatti, si trova un piccolo reattore - oggi ovviamente dismesso - usato in passato per gli esperimenti degli studenti. Noi abbiamo colto l'occasione per andare a dare un'occhiata da vicino. Servizio di Marco Billeci

Report dell'iniziativa:
presenti quattro attivisti, un solo giornalista ed una dozzina di personale della digos.

Il flashmob al reattorino non c'è stato per ovvi motivi, ma è solo rinviato ad ottobre, quando, ne siamo sicuri, la carovana rientrerà a Milano potenziata dalle esperienze della penisola.

Domani partiremo in 3-4 persone con la prima macchinata della staffetta/carovana antinucleare, per unirsi a noi contattateci al 3292035418 (Giacomo)

MEGLIO ATTIVI OGGI, CHE RADIOATTIVI DOMANI!

sabato 18 settembre 2010

Scheda: il reattorino del CESNEF nella Milano nucleare




Il reattorino sperimentale del Politecnico - Centro Studi Nucleari Enrico Fermi CESNEF - a Milano è stato costuito nel 1959 e chiuso, ufficialmente nel 1979, di fatto nei primissimi anni '80. E' situato nei giardini del Dipartimento di Energia, tra via Ponzio e via Bassini.
La progettazione dell'edificio richiese ovviamente particolarissimi accorgimenti e fu affidata all'architetto Giovanni Bonicalzi, docente di Architettura tecnica.
Il reattorino L54M, della Atomic International, ha la forma di un piccolo cubo bianco, e a suo tempo sviluppava, in funzionamento ( il combustibile è una soluzione acquosa di UO2SO4), una potenza di 50 Kw. Il reattore avrebbe operato in maniera discontinua per una potenza integrale totale di 17 MWd. Il combustibile è stato consegnato all'impianto EUREX di Saluggia nel giugno 1994.
L'impianto, privo comunque di combustibile, è tenuto costantemente d'occhio dal personale con tutti gli oneri che ne seguono: sorveglianza, assicurazione, aggiornamento della strumentazione e obbligo che tutto sia sempre in regola. Tempo fa il rettore aveva avviato le pratiche per lo smantellamento, ancora non iniziato.
Il "decomissioning", così si chiama lo smantellamento di un impianto del genere, costerebbe tra i 4 e i 5 milioni. Al momento, non sarebbe chiaro chi, tra Politecnico e ministero dell'Istruzione, dovrebbe farsi carico della spesa.
Il link al sito del CESNEF è alla URL: http://www.radioprotezione.polimi.it/
Per adeguarsi alla tendenza al "rinascenza dell'atomo", il Politecnico di Milano sta investendo ben 12 milioni di euro nei nuovi laboratori nucleari in via di realizzazione alla Bovisa: un edificio di tre piani oltre a un bunker per gli esperimenti con la radioattività.
Al Politecnico di Milano, nel Dipartimento Energia, si porta avanti la ricerca per il reattore di Terza Generazione Avanzata IRIS e per una delle sei filiere (ELSI, raffreddamento a piombo liquido) su cui si sta sperimentando la Quarta Generazione.
Si collabora con l'Università di Padova per il progetto ITER sulla fusione nucleare.
Il prof. Marco Ricotti, del Politecnico, responsabile delle ricerche su ELSI, (ed anche candidato, insieme ad Umberto Veronesi, a presidente per l'Agenzia della Sicurezza Nucleare) lamentandosi su "L'ingegnere" (n° 180 del 10/09/2010) dei tagli finanziari all'istruzione, ci informa:
"Nelle sei università che hanno mantenuto un insegnamento in campo nucleare (Politecnico di Torino, Politecnico di Milano, Alma Mater di Bologna, Università di Pisa, La Sapienza di Roma e Università di Palermo) il numero di docenti è limitato complessivamente a 70 unità stabili".
In relazione ai piani annunciati, bisognerebbe arrivare a sfornare 300 ingegneri nucleari l'anno (come negli "anni d'oro" dell'atomo italiano), rispetto al centinaio scarso attuale. Il Politecnico contribuisce con 20-25-30 laureati, ma le matricole stanno aumentando significativamente. L'ultimo anno accademico vedeva 50 iscritti italiani e comunitari, 5 stranieri, 2 per il "progetto Marco Polo".
Il business nucleare solo a Milano, se il governo fa partire i progetti auspicati dalla lobby atomica, stando ai nostri calcoli, dovrebbe valere, grosso modo, 15 miliardi di euro sino al 2025-2030, quindi in media quasi un miliardo di euro l'anno nei prossimi anni.
Passata la festa (per loro) dell'Expo 2015, si tratterà della più ghiotta occasione per gli affaristi all'ombra della Madonnina.
Esiste una pratica per la "certificazione nucleare", aperta dal governo con la collaborazione di ENEL (ci si registra su www.acquisti.enel.it) , e finora sulle quasi 600 imprese che a livello nazionale si sono prenotate, oltre 1/3 sono lombarde, e di queste la metà sono "milanesi".
Facendo una suddivisione quantitativa per numero di imprese, alla Lombardia toccherebbero 16 miliardi e a Milano 8. Calcolando però un coefficiente di "grandezza" e di "qualità" industriale, possiamo arrivare, a naso, stando molto bassi, a 30 miliardi per la Lombardia e 15 miliardi, appunto, per Milano.
La Lombardia, per l'Italia, è, infatti, il cuore elettromeccanico, con un know-how nel campo della costruzione di impianti riconosciuto a livello mondiale. Queste le cifre del 2008: 500 imprese, 9 miliardi di fatturato annuo, 23.000 addetti. La Confindustria stima che il 70% della torta nucleare italiana andrà a questa regione.

Un punto cruciale del piano è quanta parte dell'"isola nucleare" dei reattori sarà di competenza italiana. E l'isola nucleare significa il 20% dei costi. Dopodiche, dell'80% restante, il 30% è costituito dalla parte convenzionale (turbine, sistemi elettrici); il 20 % dalle opere civili. In quantità peseranno le forniture meccaniche (30 per cento), seguite dalle opere civili, dal montaggio e, per il 20 per cento, dall'area tecnologica.

Occupazione da nucleare
"Nelle centrali una dote di 20.000 posti" - (Luca Davi – Sole 24 Ore del 14 luglio 2010)

"Sono almeno 20mila i posti di lavoro che il nucleare potrebbe generare in Italia nei prossimi anni… Nel dettaglio, la realizzazione di una unità EPR… richiede fino a 600 addetti altamente qualificati per la gestione dell'ingegneria, degli approvvigionamenti e della costruzione. A questi vanno aggiunte le 2.500 presenze giornaliere in cantiere e circa 300 persone per l'esercizio di una unità. Quasi 3.400 persone che, moltiplicate, per le quattro unità previste, portano a oltre 12mila il numero dei posti potenzialmente creabili… "
(Va inoltre calcolato il contributo della costituenda seconda cordata Eon – Gas de France Suez con i reattori AP1000)
"Agli occupati diretti bisogna poi aggiungere, secondo le stime di Confindustria Anie, almeno altri 10mila posti (il 16% rispetto agli attuali livelli occupazionali) nei comparti dell'elettromeccanica, i più direttamente collegati allo sviluppo delle centrali, visto il forte fabbisogno di tecnologie destinate alle infrastrutture di rete elettrica"…
Costruzione: tempo medio 8 anni
Esercizio: si passa a 50 anni ed oltre; per gli EPR se ne prevedono 60: la tendenza è ad allungare la vita delle centrali
Per riassumere, avremmo quindi circa 20.000 posti di lavoro (a stare larghi) che per le rinnovabili invece, con lo stesso investimento, andrebbero moltiplicati per 15: 300.000 posti di lavoro, di cui a Milano almeno 1/6= 50.000 nuovi posti di lavoro, "puliti" e di effettiva utilità sociale. (Ma questa seconda cifra andrà abbastanza ridotta perchè la produzione da rinnovabili è distribuita e diffusa più omogeneamente tra i territori).

Le aziende nucleari

La "signora atomo", Anne Lauvergeon, ricorda (Sole 24 ore del 5-9-10) che Areva, da lei presieduta, già lavora  per costruire centrali in Francia e in tutto il mondo con gruppi come Finmeccanica, Techint, Mangiarotti Nuclear, Camozzi (ex INNSE).

Il coinvolgimento del sistema bancario milanese nel nucleare

Non è economicamente conveniente, il nucleare - almeno dal punto di vista dell'economia che viaggia raso terra, quella fondata sul lavoro, e non sulla finanza speculativa- ed è proprio per questo che le banche lo finanziano. Le prime due banche nucleari in Italia secondo una ricerca (http://www.nuclearbanks.org/) commissionata dalla coalizione Banktrack (http://www.banktrack.org/) all'Istituto indipendente Profundo, sono UniCredit e Intesa San Paolo.
Milano è la capitale della finanza e delle banche,vi è installata la Borsa (in Piazza Affari), ed è la sede delle principali banche (Intesa, BPM, BCC...) che saranno citate nei rapporti che prenderemo in esame.
Unicredit ha sede legale a Roma ma amministrativa ed operativa a Milano.
Le prime 10 banche finanziatrici nel mondo sono comunque straniere. Nell'ordine: BNP Paribas (Francia) (che partecipa l'italiana BNL), Barclays (UK), Citi (US), Société Générale (Francia), Crédit Agricole/Calyon (Francia), Royal Bank of Scotland (UK), Deutsche Bank (Germania), HSBC (UK / Hong Kong), JP Morgan (Stati Uniti) e Bank of China. Tre banche francesi nei primi cinque posti.
Dal sito in lingua inglese, collegato alla ricerca: "Banche nucleari? No grazie" troviamo un elenco delle compagnie nucleari (http://www.nuclearbanks.org/#/nuclear%20companies). L'Ansaldo Energia, ad esempio, vi figura come "radioattiva per il 12%". Troviamo anche una mappa dei progetti nucleari (http://www.nuclearbanks.org/#/nuclear%20projects), che è evidentemente incompleta (si consideri solo l'area mediorientale, totalmente scoperta).

venerdì 17 settembre 2010

CAROVANA ANTINUCLEARE 21 settembre - 2 ottobre 2010 ... SI PARTE!

Da Milano a Roma attraversando i luoghi del vecchio nucleare e quelli della nuova corsa all'atomo.
Abbiamo aperto un gruppo facebook apposito: http://www.facebook.com/groups/edit.php?members&new&saved&gid=109409209119987#!/group.php?gid=109409209119987


Da Milano a Roma attraversando i luoghi del vecchio nucleare e quelli della nuova corsa all'atomo

LUNEDI' 20 settembre
h 17 APERITIVO OPERATIVO SPAZIO KRONOS NATURA - via Borsieri 12 + CENA DI AUTOFINANZIAMENTO
(referente: Giacomo Sicurello cell. 329-2035418 desiozone@gmail.com)

MARTEDI' 21 settembre
h 11 CONFERENZA STAMPA - FLASH MOB AL REATTORINO AL POLITECNICO (piazza Leonardo Da Vinci)
(referente: Giacomo Sicurello cell. 329-2035418 desiozone@gmail.com)

Questo il percorso (il progetto è in via di definizione per gli ultimi dettagli):

MERCOLEDI' 22 settembre
mattino:
conferenza stampa CEF a Milano
camper a Gardaland (Cantiere attrazione nucleare)
pomeriggio: Ghedi (Base cacciabombardieri USA – bombe atomiche B61)
sera: Brescia - Casa delle Associazioni (assemblea antinucleare con realtà del territorio; referente Vito Crimi)

GIOVEDì 23 settembre
mattino:
Cameri -ore 12.00-13.30 davanti l'Aeroporto (progetto fabbrica assemblaggio cacciabombardieri F35)
(referente accoglimento: Oreste Strano tel. 0321-56683- centrodoc@tiscali.it)
ore 15.00 – Novara – piazza Puccini
pomeriggio ore 18.30 : ex centrale nucleare Trino Vercellese (referente accoglimento: Fausto Cognasso 335-7208447 - 0161-804049 faustocognasso@teletu.it)
pernottamento a Novara

VENERDI' 24 settembre
mattina: Genova – verso le 12.00 davanti la fabbrica dell’Ansaldo Nucleare (referente accoglimento: Graziella Bevilacqua)
pomeriggio:
La Spezia – porto nucleare – attracco portaerei e sommergibili a propulsione atomica

SABATO 25 settembre
Cesena WOODSTOCK 5 STELLE

DOMENICA 26 settembre
Cesena WOODSTOCK 5 STELLE

LUNEDI' 27 settembre
Bologna – Università con master in perfezionamento in energia nucleare

MARTEDì 28 settembre
Caorso – ex centrale nucleare (contattare: Coordinamento antinucleare piacentino: nonukepiacenza@gmail.com – tel 0523.332666 - lorenzo.bersani@teletu.it - tel 339.8687183 dadarobe@gmail.com - tel 320.0963675)

MERCOLEDi' 29 settembre
Pisa – CISAM – centro di ricerca per il nucleare militare italiano

GIOVEDI' 30 settembre
Montalto di Castro – ex centrale nucleare – probabile sito per nuovi reattori EPR
serata a Viterbo presso il Centro Sociale
(pernottamento a Viterbo - referente accoglimento: Peppe Sini )

VENERDì 1 ottobre
da Viterbo a Frascati – Centro di ricerca nucleare
mattina: ore 11 - aperitivo-pranzo informativo a Frascati (discussione, pizza e assaggio cocktail analcolico "No-nuke"), c/o Circolo ARCI "La Contea", via Maffeo Pantaleoni, 21 (referente accoglimento: Enrico 06-97608561)
pomeriggio: da Frascati a Roma (Casaccia) –
Casaccia: Centro di ricerca ENEA – impianti (attualmente non attivi) di ritrattamento uranio e plutonio – deposito plutonio con potenzialità militari
(pernottamento a Roma)

SABATO 2 ottobre
Roma NOBDAY 2 - dalle ore 14.00

(rientro a Milano)

Possibilità di organizzare due spezzoni isolani della carovana: Palermo (by Zerogas Sardegna) e Cagliari (by Zerogas Sicilia)

Si ricorda che il 2 ottobre è organizzato a Vercelli un appuntamento degli antinuclearisti operanti nelle seguenti regioni: Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria, Emilia. L'incontro serve anche a lanciare le giornate antinucleari dell'8 e 9 novembre, anniversario del referendum del 1987.
Referente: Lino Balza linobalzamedicinadem@libero.it - tel. 347 0182679 - 0131 43650

Milano nucleare? No grazie!

Il direttore della Fondazione Energy Lab, Silvio Bosetti, proclama (Sole 24 Ore – 19 maggio 2010) che "Milano è pronta per l’atomo".

"L’industria del nucleare è una opportunità economica, imprenditoriale ed occupazionale… Si profila lo spazio per un settore manifatturiero qualificato, per le caratteristiche di questi investimenti… Le medie imprese eccellenti, come quelle lombarde, si trovano davanti una circostanza formidabile. A titolo esemplificativo cito le aziende che producono generatori, scambiatori, valvolame, forgiati, sistemi di controllo e supervisione, sistemi elettrici, apparati per la sicurezza e via di questo passo. Per non parlare delle attività di ingegneria, dei servizi di ingegneria, dei servizi di installazione, delle opere edili con materiali e standard di elevato livello. In Lombardia ci sono poi eccellenze nella ricerca e innovazione, con laboratori dotati di macchinari e sistemi in grado di sviluppare controlli e studiare soluzioni funzionali alla industria nucleare".

L’articolo si conclude con una proposta: "perché non candidare il capoluogo lombardo a sede dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare"?

Il business nucleare a Milano, se il governo fa partire i progetti auspicati dalla lobby atomica, dovrebbe valere, grosso modo, 15 miliardi di euro sino al 2025-2030, quindi in media quasi un miliardo di euro l'anno nei prossimi anni.

Passata la festa (per loro) dell’Expo 2015, si tratterà della più ghiotta occasione per gli affaristi all’ombra della Madonnina.

Per i quattro reattori EPR si stimano infatti costi intorno ai 20 miliardi di euro, che possiamo tranquillamente far salire a 30 (vedi vicende finlandesi). Per gli altri AP1000 e per eventualmente i reattori della terza filiera tecnologica si può prevedere una cifra analoga. Quindi 30 miliardi più 30 miliardi fanno 60 miliardi. Se è vero, ma è da verificare, che l'80% di ogni centrale saranno appalti italiani (credo però che la quota andrà parecchio calata), la "nostra" fetta complessiva di torta ammonta perciò a 48 miliardi di euro.

Esiste una pratica per la "certificazione nucleare", aperta dal governo con la collaborazione di ENEL (ci si registra su www.acquisti.enel.it) , e finora sulle quasi 600 imprese che a livello nazionale si sono prenotate, oltre 1/3 sono lombarde, e di queste la metà sono "milanesi".

Facendo una suddivisione quantitativa per numero di imprese, alla Lombardia toccherebbero 16 miliardi e a Milano 8. Calcolando però un coefficiente di "grandezza" e di "qualità" industriale, possiamo arrivare, a naso, stando molto bassi, a 30 miliardi per la Lombardia e 15 miliardi, appunto, per Milano.

La Lombardia, per l’Italia, è il cuore elettromeccanico, con un know-how nel campo della costruzione di impianti riconosciuto a livello mondiale. Queste le cifre del 2008: 500 imprese, 9 miliardi di euro di ricavi, 23.000 addetti. La Confindustria stima che il 70% della torta nucleare italiana andrà a questa regione.

Le "cordate" in campo, come è noto, per adesso sono due:

1- ENEL-EDF; con i reattori EPR (4 X 1.600 MW), ufficializzata dall’accordo Berlusconi-Sarkozy.

2- E.ON - GDF Suez (insieme A2A, Acea e Ansaldo); con i reattori AP1000 (4 X 1.000 MW). Un progetto al momento meno definito del primo. 2-3 reattori.

C'è spazio, in teoria, anche per una eventuale terza cordata. 2-3 reattori.

Un punto cruciale del piano è quanta parte dell'"isola nucleare" dei reattori sarà di competenza italiana. E l'isola nucleare significa il 20% dei costi.
Dopodiche, dell’80% restante, il 30% è costituito dalla parte convenzionale (turbine, sistemi elettrici); il 20 % dalle opere civili. In quantità peseranno le forniture meccaniche (30 per cento), seguite dalle opere civili, dal montaggio e, per il 20 per cento, dall’area tecnologica.

Occupazione da nucleare

"Nelle centrali una dote di 20.000 posti" - (Luca Davi – Sole 24 Ore del 14 luglio 2010)

"Sono almeno 20mila i posti di lavoro che il nucleare potrebbe generare in Italia nei prossimi anni… Nel dettaglio, la realizzazione di una unità EPR… richiede fino a 600 addetti altamente qualificati per la gestione dell’ingegneria, degli approvvigionamenti e della costruzione. A questi vanno aggiunte le 2.500 presenze giornaliere in cantiere e circa 300 persone per l’esercizio di una unità. Quasi 3.400 persone che, moltiplicate, per le quattro unità previste, portano a oltre 12mila il numero dei posti potenzialmente creabili… "

(Va inoltre calcolato il contributo della costituenda seconda cordata Eon – Gas de France Suez)

"Agli occupati diretti bisogna poi aggiungere, secondo le stime di Confindustria Anie, almeno altri 10mila posti (il 16% rispetto agli attuali livelli occupazionali) nei comparti dell’elettromeccanica, i più direttamente collegati allo sviluppo delle centrali, visto il forte fabbisogno di tecnologie destinate alle infrastrutture di rete elettrica"…

Costruzione: tempo medio 8 anni

Esercizio: si passa a 50 anni ed oltre; per gli EPR se ne prevedono 60: la tendenza è ad allungare la vita delle centrali

Per riassumere, avremmo quindi circa 20.000 posti di lavoro (a stare larghi) che per le rinnovabili invece, con lo stesso investimento, andrebbero moltiplicati per 15: 300.000 posti di lavoro, di cui a Milano almeno 1/6= 50.000.

Le aziende nucleari

La "signora atomo", Anne Lauvergeon, ricorda (Sole 24 ore del 5-9-10) che Areva, da lei presieduta, già lavora per costruire centrali in Francia e in tutto il mondo con gruppi come Finmeccanica, Techint, Mangiarotti, Camozzi (ex INNSE).

La Mangiarotti Nuclear di viale Sarca (n. 366) a Milano occupa 100 persone. Una committente fondamentale è, come si diceva, Areva. L'azienda vorrebbe dirottare la produzione a
Pannelia, vicino a Udine. La sede attuale, davanti all’acciaieria Marcegaglia, è in una zona dai forti appetiti immobiliari. L’area è ancora di proprietà del gruppo bresciano Camozzi (i nuovi proprietari della Innse), e il contratto d’affitto scade nel 2014. Si parla di cambiare la destinazione d’uso a residenziale. Intorno, del resto, si stanno costruendo palazzi da 2.450 mila euro al metro quadrato.

(... Scheda da completare)

I CENTRI DELLA RICERCA E DELLA FORMAZIONE

Al Politecnico di Milano, nel Dipartimento Energia, si porta avanti la ricerca per il reattore di Terza Generazione Avanzata IRIS e per una delle sei filiere (ELSI, raffreddamento a piombo liquido) su cui si sta sperimentando la Quarta Generazione.

Si collabora con l’Università di Padova per il progetto ITER sulla fusione nucleare.

Il Politecnico di Milano sta investendo ben 12 milioni di euro nei nuovi laboratori nucleari in via di realizzazione alla Bovisa: un edificio di tre piani oltre a un bunker per gli esperimenti con la radioattività.

Il prof. Marco Ricotti, del Politecnico, lamentandosi su "L’ingegnere" (n° 180 del 10/09/2010) dei tagli finanziari all’istruzione, ci informa:

"Nelle sei università che hanno mantenuto un insegnamento in campo nucleare (Politecnico di Torino, Politecnico di Milano, Alma Mater di Bologna, Università di Pisa, La Sapienza di Roma e Università di Palermo) il numero di docenti è limitato complessivamente a 70 unità stabili".

Il Cirtel, il consorzio sulla tecnologia e ricerca nucleare che riunisce gli atenei di Roma, Padova, Pisa, Torino e Roma, (anche Bologna dovrebbe entrarne presto a far parte), ha come presidente il prof. Giuseppe Forasassi della facoltà di Ingegneria dell’università di Pisa.

In relazione ai piani annunciati, bisognerebbe arrivare a sfornare 300 ingegneri nucleari l’anno (come negli "anni d’oro" dell'atomo italiano), rispetto al centinaio scarso attuale. Il Politecnico contribuisce con 25-30 laureati, ma le matricole stanno aumentando significativamente. L’ultimo anno accademico vedeva 50 iscritti italiani e comunitari, 5 stranieri, 2 per il "progetto Marco Polo".

La proposta alternativa: no al nucleare, si alle rinnovabili

La nostra proposta dovrebbe essere un’altra, in senso decisamente opposto ai desideri della Fondazione Energy Lab, anche e soprattutto sul piano industriale. Milano, città che vuole "nutrire il Pianeta" (è il tema dell’EXPO), non dovrebbe darsi da fare per affossarlo: evitiamo di contribuire ad un ciclo produttivo, le cui scorie (radioattive), di pericolosità letale, sono incompatibili con la biosfera (e dovrebbero restare confinate per centinaia di migliaia di anni).

Siamo per un modo di produzione dell’energia elettrica, basato sulle fonti rinnovabili, decentrato e diffuso sul territorio, che sia quindi rispettoso delle esigenze delle comunità e dell’ambiente in cui si sviluppa. Anche questa è strategia dei rifiuti zero!

La nostra industria dovrebbe funzionare su tale base cominciando col darle consistenza e solidità: molte aziende potrebbero, ad esempio, darsi alla produzione di pannelli fotovoltaici o di turbine eoliche. Quello che è importante, però, è applicare un principio: le riconversioni produttive vere, in tutti i settori, non solo in quello energetico, vanno concepite, progettate e costruite dal basso. Il coinvolgimento deve partire da coloro che rischiano il posto di lavoro, senza illuderli sulla continuità di produzioni, come il nucleare, che non hanno avvenire (e che pregiudicano l’avvenire di tutti). Queste riconversioni hanno da coinvolgere, inoltre, tecnici, progettisti, manager, imprese dell’indotto.

Siamo convinti che il mercato delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica sarà auto-promosso dal basso e avrà un grande futuro, quali che siano le decisioni che i governi centrali e le amministrazioni prendono – o non prendono.

Comunque un Comune lungimirante può benissimo favorire, per esempio, la formazione di gruppi di acquisto per il solare e impostare campagne informative che prospettino l’opportunità per i condomini di installare impianti fotovoltaici.

Agevolazioni di varia natura potrebbero riguardare la costruzione ed il collegamento di sportelli per la consulenza ai cittadini su rinnovabili, incentivi, convenzioni e soluzioni per le abitazioni.

Il Comune di Milano, con la collaborazione dell’ex municipalizzata A2A, potrebbe porsi all’avanguardia nell’attrezzare una "smart grid", un progetto di rete energetica sul modello di internet, in grado di cambiare radicalmente il sistema di produzione e distribuzione dell’energia elettrica.

Una rete interattiva intelligente dovrà consentire a chiunque, dai titolari di utenze domestiche alle piccole e medie imprese, fino alle aziende di più grandi dimensioni, di produrre localmente energia, preferibilmente con fonti rinnovabili, e di utilizzarla per le proprie esigenze, potendo rendersi indipenente dalla rete di erogazione elettrica.