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venerdì 1 ottobre 2010

SCHEDA: IL CISAM DI PISA E LE AMBIZIONI NUCLEARI MILITARI DELL'ITALIA

La Carovana antinucleare passerà, il 29 settembre, per Pisa dove ha sede il CISAM. Le attività di questo centro di ricerca militare dimostrano come anche il nucleare civile italiano avesse finalità militari, sia pure ammantate di "europeicità", stando per esempio alle testimonianze degli ex ambasciatori Romano ed Albonetti (vedi la scheda).



SCHEDA: IL CISAM DI PISA E LE AMBIZIONI NUCLEARI MILITARI DELL'ITALIA
Il territorio toscano è sempre più militarizzato e minacciato, dalle basi militari al nucleare. Vicino a Pisa sorge il CISAM, ex Cresam , e prima ancora Camen.

IL CAMEN (Centro Applicazione Militari per l'Energia Nucleare) nasce nel 1955 nell'ambito dell'accademia militare di Livorno con lo scopo, da parte della Marina Militare, di progettare un motore a propulsione nucleare per sommergibili. Nel 1962 viene trasferito a San Piero a Grado a poca distanza dalla base militare Nato di Camp Darby che ospita missili a testata nucleare ( dal libro di Roberto Cicciomessere: "Tutto quello che i russi sanno e gli italiani non devono sapere").

L'impianto di San Piero per decenni è stato il più grande centro di ricerche nucleari delle Forze Armate. 


Fino agli anni ottanta quando la Marina decise di spegnere il piccolo reattore sperimentale. Il CAMEN si traforma cosi' iin CRESAM (Centro Ricerche Esperienze e Studi per le Applicazioni Scientifiche di interesse Militare). Il tutto senza che la cittadinanza pisana e livornese venisse informata.
Nel frattempo il centro ha cambiato nome e si chiama CISAM, Cenro militare interforze, è presidiato da decine di militari e di uomini dei servizi. tre anni fa il Blog di Grillo denunciò la scmparsa di materiale nucleare, insomma il territorio pisano tra Hub, camp darby e Cisam non può certo dormire sonni tranquilli nonostante le rassicurazioni del Sindaco e del Presidente della Provincia che tacciono e acconsentono.
Fin qui le informazioni fornite dalla Confederazione Cobas.
Quello che noi si può aggiungere è che il CISAM è una tessera del mosaico che compone il quadro dell'Italia come possibile "potenza nucleare latente".
Secondo il libro "L'atomica europea" - di Paolo Cacace - prefazione Sergio Romano - il primo nucleare civile italiano (quello di Trino e Caorso, eccetera, per intenderci) è un sottoprodotto del progetto comune franco- tedesco-italiano, cominciato sotto l'egida Euratom, di una "Bomba europea" (abbandonato poi per la decisione di De Gaulle di fare tutto da solo). Nell'introduzione l'ex ambasciatore Romano ricorda la "clausola europea" che l'Italia pretese all'atto della firma (1969, ratifica nel 1975) del Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP): essa dichiarava formalmente di rinunciare a una forza atomica nazionale, ma non a una forza atomica europea, laddove il processo di disarmo nucleare, a livello internazionale, non si fosse realizzato.
(La prefazione di Romano è riportata nel file allegato).
Mariella Cao, del Comitato sardo "Gettiamo le Basi" segnala un libro di Marco Mostallino, titolo: "L'Italia radioattiva", che tratta i tentativi di atomica italiana degli anni '70, con la Sardegna possibile sito per test sotterranei. Questo è quanto scrive in proposito Mariella Cao: "L'Italia non si limitò a pensare all'atomica, si attivò per realizzarla e negli anni 1973-76 effettuò tre test nel poligono Salto di Quirra (Sardegna) camuffati da studio sui propellenti denominato "Programma tecnologico diretto allo sviluppo di un carburante solido ad alto potenziale per razzi per applicazioni civili (immancabile zuccherino!) e militari". Si puntava alla sperimentazione del vettore, dotare il missile Alfa della capacità di trasporto e sganciamento di testate atomiche. La costruzione della bomba non era un problema, le centrali nucleari civili allora erano in piena funzione e garantivano l'approvvigionamento di plutonio e le professionalità. Il primo lancio dell'Alfa, a testata inerte, avvenne nel 1973 o 1975 (su questo punto le fonti divergono), l'ultimo (noto!) nel 1976, gli Usa vennero a conoscenza del progetto e imposero lo stop. L'abituale arroganza a stelle e strisce, per una volta, è stata la fortuna della Sardegna considerata dall'Italia come la sua Mururoa, l'isola Bikini mediterranea"...
"L'Ora di Austerlitz", (Polistampa 2005), di Lelio Lagorio, ex ministro della difesa, ci racconta dei primi anni '80, da cui avrebbe dovuto derivare il famoso PEN bloccato dal referendum del 1987.
Ecco quanto ci rivela Lagorio, socialista craxiano: "Il fatto che gli euromissili (installati a Comiso - ndr) avessero dato al Paese un superiore rango internazionale suggerì a qualche ambiente militare l’idea della Bomba italiana: costava poco e il nostro apparato scientifico-tecnico-industriale era in grado di produrla. L’Italia assieme alla Francia poteva far nascere una ’Piccola Nato’ nel Mediterraneo".
La proposta era quella di "offrire un ombrello nucleare franco-italiano ai Paesi africani che si affacciavano alla sponda Sud del Mediterraneo e a tutto il Medio Oriente".
Falco Accame, all’epoca impegnato nel Psi nel settore militare - fu anche presidente della Commissione difesa - ricorda che a suo tempo ci furono "sussurri e bisbiglii circa il segretissimo progetto di costruire un’arma nucleare. Il progetto era legato alle tecnologie che in Italia era state sviluppate in alcuni centri di ricerca nucleare e soprattutto che erano state messe a punto presso il Camen, il centro di applicazioni militare per l’energia nucleare di San Piero a Grado, presso Pisa (oggi Cisam). Il Camen avrebbe dovuto provvedere alla realizzazione dei reattori nucleari per il sommergibile Marconi e per la nave mercantile Fermi. Nel libro di Lagorio non figurano, spiega ancora Accame, alcune premesse a questo progetto ed anche all’altro di realizzazione della force de frappe. Il primo novembre 1968 la Francia ci aveva fornito l’uranio arricchito per il reattore della Casaccia, reattore che iniziò a funzionare nel ’70. Nel giugno ’71 l’ambasciatore Quaroni, lo era stato anche in Francia, in un articolo su La revue de duex mondes aveva parlato di possibili accordi tra Italia e Francia per un programma nucleare. Gli Usa non vollero fornirci l’uranio necessario per i progetti per la realizzazione del sommergibile e della nave nucleare. Sui programmi del Camen riferì in una intervista su un importante settimane italiano l’allora direttore, ammiraglio Avogadro di Valdengo. Con la Francia il discorso si riaprì in seguito sul nucleare tattico, ma si pose un grave problema nello stabilire in quali poligoni si sarebbe potuta effettuare la sperimentazione". Accame conclude: "Non mi sembra che gli anni in cui i vertici di molti importanti organismi dello Stato erano occupati dalla P2 si possano definire gli anni di Austerlitz sui quali grazie ad una legislazione incredibile, quella sulla trasparenza amministrativa, si è estesa per l’ambito militare e dei servizi segreti una "copertura di secretazione di 50 anni".
Achille Albonetti è un altro diplomatico esperto della specie di Romano che, basandosi sull'esperienza diretta, si è occupato in saggi ed articoli vari dell'"atomica italiana" . Troviamo suoi interventi in proposito sulla rivista di geopolitica "Limes". Albonetti ricorda la collaborazione con la Francia, siamo nei primi anni '70, per un impianto "Eurodif" a Tricastin per l'arricchimento dell'uranio militare, che doveva essere collegato a quattro centrali "civili" da oltre 1.000 MW. Gli USA per far saltare l'accordo fecero un'offerta allettante all'Italia: avrebbero offerto loro, a prezzi stracciati, il combustibile per le centrali nucleari italiane. L'Italia andò avanti lo stesso con la Francia e contribuì ad Eurodif con decine di compressori prodotti dalla Nuovo Pignone di Firenze: si tratta di "componenti ciclopici con i quali l'uranio è trasformato in uranio arricchito".
Osserva Albonetti: "La Nuovo Pignone, qualche tempo dopo, è stata acquistata – guarda il caso! – dall’americana General Electric"...
Albonetti denuncia poi una "campagna scandalistica della stampa" - nel 1974 - per rivelare piani diretti a fabbricare la bomba atomica italiana. A suo parere, dietro ci sarebbero state "manone" che avrebbero inteso boicottare l'autonomia atomica italiana "in un quadro europeo". L'Italia, infatti, ha sempre ammantato di "europeicità" le sue ambizioni atomiche: ha spinto, con diversi ministri della difesa (cita Salvo Andò nel 1993), per progetti nucleari che coinvolgessero l'Unione Europea.
Albonetti ricorda che esistono vari tipi di potenze atomiche militari: "Esistono le potenze atomiche, cioè gli Stati militarmente nucleari. Vi sono tuttavia anche gli Stati non militarmente nucleari, ma con l’opzione nucleare, gli Stati, cioè, con politiche nazionali che consentono, ove necessario, di passare da uno status non militarmente nucleare ad uno militarmente nucleare, nazionale, europeo o collettivo".
Se non lo interpreto male, Albonetti avrebbe, fino alla metà degli anni '80, avrebbe inserito l'Italia tra gli Stati con l'opzione nucleare (o "potenze nucleari latenti"), poi, dopo il referendum del 1987, il Paese sarebbe decaduto di rango...
Oggi, secondo Giorgio Nebbia, prestigioso ecologista "storico", nei nostri vari depositi (Casaccia, Saluggia, Trisaia, Sito Pluto) abbiamo stoccato 200.000 kg di uranio altamente arricchito e 1.500 kg di Plutonio: abbiamo pure, secondo il premio Nobel Carlo Rubbia, rischiato una specie di Chernobyl a Saluggia (e qualcosa di analogo è successo a Casaccia). 


ECCO UN ARTICOLO DI PISANOTIZIE.IT DEL PASSAGGIO DELLA CAROVANA: http://www.pisanotizie.it/news/news_20100930_carovana_antinucleare_cisam.html

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